Tutta la vita è risolvere problemi
“Tutta la vita è risolvere problemi” ci dice Karl Raimund Popper, e sembra una minaccia detto così.
Le aziende che praticano l’organizzazione di tipo lean hanno interiorizzato il miglioramento continuo e ogni operatore, come ogni manager, compie sforzi quotidiani per cercare di colmare eventuali gap innescando un processo circolare e continuo di problem solving.
La risoluzione dei problemi richiede agli operatori un approccio strutturato. L’approccio istintivo parte dalla fase del Do sperando che la decisione presa sia quella corretta.
Un approccio strutturato prevede di fermarsi, cercare di capire cosa sia veramente successo, analizzare il problema e perché si è presentato, quali possono essere le eventuali soluzioni e quali tra queste risulta essere la migliore. L’approccio strutturato prevede più tempo e prevede l’utilizzo di dati.
Il vantaggio principale di questo approccio è quello di arrivare alla radice del problema e risolverlo definitivamente, evitando che quest’ultimo possa ripresentarsi (cosa che spesso accade quando si applicano soluzioni tampone). Oppure, peggio, che la soluzione proposta crei danni peggiori.
Facciamo un esempio.
Nello zaino fotografato c’è un pezzo di focaccia. Nella tasca davanti c’è un pezzo di pietra focaia (perché non lo sappiamo). Con la pietra taglio un pezzo dello zaino, diciamo della dimensione di una manina, per estrarre la focaccia e mangiarla. Ho sicuramente risolto il mio problema. Non potrò mai più utilizzare lo zaino, quindi per estrarre il giornale che è ancora dentro, tanto vale tagliarlo.
Forse mia figlia non aveva a disposizione tutti i dati per condurre un approccio strutturato e la soluzione conseguente che si sarebbe tuttavia scontrato con il desiderio di autonomia. Ma questo merita un discorso a parte.
Avere i dati sembra semplice, ne siamo talmente invasi. Eppure nell’ultimo anno ci siamo accorti che non è così.
innovo