
In God we trust, all others must bring data
In God we trust, all others must bring data ci dice W.E. Deming. Ad un anno di distanza dalle prime chiusure per la pandemia, ancora si fa fatica a capire cosa vogliono dirci con i dati pubblicati sui giornali, quali sono i dati che abbiamo a disposizione in formato non aggregato, come vengono raccolti, quali sono i criteri che si utilizzano per aggregarli.
Abbiamo Risorse dati su COVID19, una raccolta delle iniziative ufficiali di mappatura dei dati sull’emergenza in corso, alcune serie di dataset su github comprese le vaccinazioni per Regione, abbiamo EU Open Data Portal con i dati a livello mondiale.
Guido Cartabellotta di Fondazione Gimbe nel suo articolo pubblicato su Agenda Digitale affronta l’argomento open data e spiega quali sono i limiti dei dati disponibili per i ricercatori indipendenti ad oggi, compresa la clausola della licenza Creative Commons 2.5 nell’utilizzo di quelli disponibili.
Da tempo si parla di trasparenza nella Pubblica Amministrazione e di accessibilità dei dati. Dopo un anno, come cittadini, possiamo pretendere di essere correttamente informati sui dati su cui si basano le decisioni a cui dobbiamo sottostare.
Per questo è stata lanciata la campagna #datiBeneComune. La richiesta è di avere dati pubblici, disaggregati, continuamente aggiornati, ben documentati e facilmente accessibili a ricercatori, decisori, media e cittadini. L’intento è di dare modo alla società civile italiana di supportare le Istituzioni nel fare fronte alla crisi che stiamo affrontando.
La conoscenza è un bene comune.
La conoscenza è un bene comune?
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