
I Big Data in sanità
I prossimi passi delle aziende sanitarie per estrarre valore dai dati
Ne parliamo con la dott.ssa Giuliana Chiesa in Healthcare Data Analytics Small Talks
Quali sono i prossimi passi per estrarre valore dai Big Data in sanità? Ne parliamo in Healthcare Data Analytics Small Talks. Quattro incontri con esperti di aziende sanitarie in cui si chiacchiera sull’utilizzo dei dati.
Dopo aver affrontato l’argomento della Funzione di produzione in sanità con Gianfranco Ventura, della sensibilità delle aziende sanitarie verso la condivisione dei dati con Francesco Enrichens, della gestione del cambiamento organizzativo mediante i dati con Roberto Carignano, parliamo dell’utilizzo della consistente mole di dati prodotti dai sistemi sanitari con Giuliana Chiesa.
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“L’85% delle organizzazioni sanitarie segnala come priorità fondamentale per il raggiungimento dei propri obiettivi strategici l’analisi dei dati. Questa è una raccomandazione contenuta nelle linee guida emanate dal Ministero negli ultimi anni, a partire dal piano nazionale per la gestione della cronicità, passando dal PNRR e fino alle ultime linee guida sulla telemedicina o sul modello digitale per l’assistenza domiciliare”
Ritieni che questa sia una priorità per le aziende sanitarie e se sì quali sono le prime azioni che devono essere effettuate?
Sicuramente ritengo che sia strategico per le aziende sanitarie basarsi su una raccolta dati strutturata in un certo modo.
In sanità abbiamo i dati da anni, tuttavia sono sempre stati raccolti per un’esigenza amministrativa/dimostrativa, per ottemperare a un debito informativo legato al concetto di remunerazione a prestazione.
La consistente mole di dati che deriva dai flussi di rendicontazione, che per legge siamo obbligati a produrre, viene utilizzata prevalentemente da un punto di vista amministrativo. Questo patrimonio potrebbe dare molto valore aggiunto se venisse utilizzata anche la loro strutturazione legata agli esiti e all’organizzazione delle attività che vengono svolte dalle aziende sanitarie.
Provo a spiegarmi meglio. Abbiamo diversi flussi informativi in sanità che in qualche modo vanno a completare quella che è la panoramica delle attività che le aziende svolgono: ricoveri, prestazioni ambulatoriali, domiciliari e di emergenza, farmaci e altri. Spesso però ci rendiamo conto che non sono collegati tra di loro, non sempre hanno un aspetto di sequenzialità legato per esempio ai percorsi clinici.
Probabilmente, un salto di qualità potrebbe essere dato dal cercare di trasformare i flussi informativi in processi informativi, portandosi dietro tutta una serie di metadati che vadano a completare le informazioni amministrative con gli aspetti clinici del paziente.
Per fare un esempio, è stato inserito negli ultimi anni (ormai 7-8 anni) un campo all’interno del flusso amministrativo ambulatoriale legato al percorso del paziente. Questo campo ad oggi non è alimentato con continuità, ed è alimentato comunque solo in due casi specifici: il percorso oncologico e il percorso del paziente diabetico. Se fosse popolato per ogni tipologia di cronicità, potremmo identificare tutti i dati prodotti e generati da un percorso di salute (PDTA). E’ chiaro che potremmo fare valutazioni in prospettiva di quelli che potrebbero essere i servizi più efficaci.
Secondo me l’analisi dei dati, e quindi il cosiddetto big data sanitario, è fondamentale da un punto di vista anche di impostazione strategica dei prossimi anni. Fino ad oggi per molte aziende i dati sono stati una lettura del passato, di ciò che l’azienda ha prodotto, come l’ha prodotto e quali risultati ha ottenuto. Oggi dovremmo vedere questo patrimonio come uno strumento che ci permette di tracciare delle linee future sull’organizzazione, sui servizi da impostare sul territorio.
Chiaramente, andare a disegnare i servizi sui bisogni del territorio è semplice da dire ma difficile da fare. Ogni territorio ha le proprie peculiarità e il proprio target specifico di popolazione. Se noi potessimo sfruttare strumenti di analisi come l’intelligenza artificiale, la business intelligence e gli algoritmi predittivi, potremmo forse riuscire a cucire meglio una sanità personalizzata per tutti i singoli territori.
Questo è ancora più significativo quando parliamo di cronicità o di case di comunità, in cui le aziende dovrebbero mettere in campo risposte per risolvere problemi, non necessariamente legate all’emergenza come quelli di un ospedale, ma comunque impellenti per una popolazione che rimane sempre più scoperta e vulnerabile anche da un punto di vista sociale.
Le determinanti sociali potrebbero, da un punto di vista informativo, essere analizzate e trattate con questionari o analisi del perimetro sociale per darci risposte su quelli che potranno essere bisogni futuri.
Nonostante sia ormai molto diffusa l’adozione di sistemi elettronici per la gestione del dato clinico, la sensazione è che da parte delle direzioni ci sia ancora sfiducia nei confronti degli stessi per soddisfare le priorità strategiche.
Cosa ne pensi in relazione alla tua esperienza? Senti che le direzioni non si fidano di quello che viene rappresentato all’interno dei propri dati?
Noi ci fidiamo e ci lavoriamo da molto tempo.
Se l’azienda investe sulla base informativa esclusivamente da un punto di vista quantitativo, è chiaro che le analisi daranno poco al fine di prendere delle decisioni. Quelle quantità, che non portano dietro anche conoscenze da un punto di vista qualitativo e clinico, non daranno un grosso valore aggiunto.
Se invece riuscissimo a fare il passo di aggiungere all’informazione puramente statistica e informativa anche un discorso legato all’aspetto clinico e di esito, potremmo fornire ai decisori maggiori elementi che, a oggi, il mero flusso amministrativo non fornisce. Noi da quel punto di vista stiamo lavorando con cruscotti e con analisi dati che vanno anche a seguire gli eventi che le persone hanno avuto nella loro storia clinica.
E’ chiaro, ci vuole tempo e soprattutto ci vuole un po’ di lungimiranza, ma effettivamente sono efficaci.
Le capacità di analisi del dato sui mercati tradizionali sono molto mature così come le competenze tecniche. In ambito sanitario per la maggior parte delle aziende i sistemi di analisi si basano ancora su strumenti di base (il 63% usa excel) e sono scarsamente condivise dal punto di vista organizzativo.
Pensi che questa possa essere la causa di ritardi e difficoltà nel ridimensionamento delle risorse?
Sicuramente le carenze organizzative sono la causa di ritardi e difficoltà nei processi decisionali.
Le aziende sanitarie sono molto vincolate nel processo di acquisizione di nuovi profili professionali. Servono profili professionali con capacità e competenze che non sono ancora considerate dal punto di vista amministrativo e gestionale, questo ovviamente incide sui processi di selezione e sulle competenze a disposizione delle aziende pubbliche. Nel mercato professionale di oggi sono presenti nuove figure tecniche in ambito gestionale che non sono ancora riconosciute come figure esistenti nei contratti collettivi nazionali della Pubblica amministrazione: un esempio su tutti i Data Manager. Questo gap va colmato al più presto se vogliamo garantire alle Aziende Pubbliche una gestione efficace ed efficiente al pari delle aziende private con le quali spesso vengono confrontate con giudizi purtroppo poco esaltanti per le prime.
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